CENNI STORICI

Storia e cultura tra Oriente ed Occidente

Evidente nodo culturale e sociale tra l’Est e l’Ovest d’Europa, con le sue evidenze storiche, architettoniche e linguistiche, l’area greca del Salento preserva e tramanda un ampio patrimonio di parole, usi e costumi che rimandano per origine, gusto, gestualità, musica e danza all’area sud-balcanica. Si stenta a capire delle volte, leggendo l’anima profonda del sentire ellenofono, se in questa propaggine di Sud Italia ci sia l’ultimo lembo dell’Est che sopravvive nel principiare dell’Ovest oppure un riuscito amalgama di culture che dialogano a metà strada, sopravvissute ai processi della storia. La lingua, patrimonio immateriale dei

Greci di Puglia, pur erosa dal tempo è ancora viva anche grazie alla musica, ultimo baluardo che riesce a fare breccia nelle generazioni più giovani. Ecco perché ritornare ciclicamente sui Canti, ogni anno, nel tempo della Passione di Cristo, serve a dare ossigeno ad una fiammella che rischia di spegnersi. Sono il canto e la musica l’unica e l’ultima salvezza del greco del Salento, metodo di salvaguardia non solo delle parole e delle musiche ma anche dei contesti culturali e cultuali che rischiano di essere dimenticati, sotto la sferza della modernità e delle contemporanee preoccupazioni che ci distolgono dal passato ed imbrigliano le menti nell’incertezza e nella paura.

I CANTI DI PASSIONE ANIMA DEGLI ELLENOFONI DI PUGLIA

Io ricordo, almeno trent’anni fa, uomini e donne dal volto antico che ascoltavano attenti il Canto della Passione di Cristo (I Passiùna tu Christù), capendone gni singola parte perché erano nati ellenofoni. Io ricordo quei volti e quegli occhi che cominciavano a brillare ed a volte versavano lacrime di sentita commozione quando il canto entrava nel vivo. Io ricordo anziani dal viso solcato da rughe profonde togliersi il cappello in un gesto di rispetto davanti al nome di Cristo ed al racconto delle Sue sofferenze. Se riuscissimo per un attimo oggi a ritrovare con i Canti di Passione anche un lontano ricordo di quell’emozione antica, se le parole, da noi ascoltate e comprese, facessero ancora breccia negli animi per purificarli e redimerli, allora avremmo raggiunto lo scopo per cui questi testi sono stati pensati. Le strofe della Passione di Cristo sono state composte per guidare il popolo, fuori dalle chiese, verso la comprensione del mistero più grande che il Cristianesimo conosca e di fronte al quale ogni anno pone l’anima e la mente degli uomini. Certamente la poesia popolare grica raggiunge una delle più alte espressioni con la Passione di Cristo.
Il dettato poetico del canto è semplice e lineare, incastonato in una raffinata cornice di circa sessanta strofe, a seconda delle diverse varianti recuperabili nella tradizione orale dei diversi Comuni greco-salentini. Esso giunge diretto a colpire l’emotività degli ascoltatori e fa in modo che tra cantori ed uditorio si crei un’unione simpatetica, tanto forte e coinvolgente da spingere istintivamente alla commozione. È difficile rimanere indifferenti dinanzi a questo dramma umano-divino che è l’essenza stessa del divenire, del morire e del rinascere. Come è comune nei canti di tradizione orale, il passaggio dal sacro al profano è repentino e la Passione si trasforma, in chiusura, in una diretta richiesta di beni materiali (uova, vino, formaggio) per le esigenze dei cantori e delle loro famiglie. È in questo tratto caratteristico che riemergono gli antichi canti di questua della Grecia antica ininterrottamente presenti nella tradizione popolare del Medioevo bizantino e della Grecia moderna.

Francesco G. Giannachi
Università del Salento